Non come coloro che vincono sempre, ma come coloro che non si arrendono mai

«Non come coloro che vincono sempre, ma come coloro che non si arrendono mai».

 

È racchiusa in questa frase la forza e determinazione di Antonia. Una donna reggina di 61 anni che ormai da tempo combatte, con tenacia e sorriso, ma anche con ironia e determinazione, la sua battaglia.

Antonia è una forza della natura che ha saputo trasformare la sua diagnosi di tumore al pancreas in un’occasione per riscoprire la propria forza, senza mai abbassare la guardia sin dal primo istante in cui le diagnosticarono il male.

«Essere un paziente oncologico richiede tantissima energia, consapevolezza, attenzione e amore verso sé stessi, ma anche tanta pazienza e molta forza.
Tutto questo inizia dalla diagnosi, dal momento in cui alle tue orecchie arriva la famigerata parola ‘cancro’».

Antonia ricorda quegli attimi immediatamente successivi al responso che non le hanno permesso di essere pienamente cosciente di ciò che stesse accadendo nella sua vita:

«Non c’era molto tempo, bisognava intervenire tempestivamente. In un primo momento non mi sono resa conto di come sarebbe ri-cambiata la mia vita».

Antonia aveva già conosciuto sulla sua pelle il cancro. A 39 anni le fu diagnosticato un tumore al seno:

«Questa è un’altra storia e credo mi stia comunque dando una grande mano nell’affrontare il nuovo mostricino che ha deciso di albergare dentro di me. Chi mi vuole bene dice che sono una bella persona, una compagnia piacevole e si vede che anche il mio cancreas la pensa allo stesso modo». Si, cancreas è il nomignolo che Antonia ha dato al suo tumore: «Quando il mio pensiero fisso era trovare persone che avessero già affrontato la mia stessa malattia, mi sono imbattuta nella storia di una donna meravigliosa che aveva deciso di definire il suo tumore al pancreas ‘cancreas’ che è comunque molto più comodo di “adenocarcinoma al pancreas”. Quel termine mi ha fatto sorridere e siccome qualsiasi persona o cosa mi faccia sorridere è, per me, degna d’amore mi sono innamorata di questa definizione e l’ho fatta mia».

Molti affermano che essere un paziente oncologico è un lavoro che richiede impegno, attenzione, tempo. Per Antonia il lavoro vero e proprio inizia «quando realizzi che hai una data di scadenza. Quando la tenacia, la pazienza e la forza ti servono non nell’affrontare la chemioterapia e tutte le conseguenze che essa comporta, quanto il cercare di vivere la propria quotidianità nel modo più naturale possibile. Nel continuare ad essere quello che eravamo prima della malattia una figlia, una compagna, un’amica, una collega o anche solo una conoscente di qualcun altro».

È questa forse la parte più difficile. Non far pesare alle persone che ami la paura che ti attanaglia e non ti molla mai. «Bisogna saper offrire a chi ami la possibilità di starti vicino, di supportarti ed aiutarti in modo naturale, senza pregiudizio o sovrastrutture che, inevitabilmente, modificherebbero relazioni, legami importanti e fondamentali che sono nati e consolidati nel tempo».

Antonia ha paura, così come le persone che le stanno accanto, ma è importante tanto non nascondere la malattia, quanto accettarla e farla accettare.

E ripercorre i primi step: «Io ho conosciuto il mio cancreas a novembre del 2020, a dicembre sono stata operata a Peschiera del Garda dal chirurgo che avevo contattato nel 2019 per una pancreatite cronica di origine sconosciuta. Con questo dottore si è creato da subito un ottimo rapporto grazie alle sue qualità, alla sua capacità di essere un medico ‘onesto’ che mi ha spiegato in modo chiaro ed esaustivo quello che mi stava accadendo». È questo, per Antonia, il giusto approccio quando si devono affrontare problemi di tale entità. È fondamentale l’empatia medico-paziente soprattutto con gli oncologi: «A differenza del chirurgo, sono loro che ti continuano a seguire in questa battaglia per molto tempo (o almeno si spera). È un rapporto fondamentale anche per trovare la giusta dimensione nell’affrontare le cure necessarie e deve essere improntato sulla chiarezza e sulla fiducia reciproca, un rapporto che serve a salvarti o allungarti la vita giocando tutte le carte a disposizione finché ce ne saranno».

Non solo esami e cure periodiche da fare, ultimamente messe sotto attacco dalla pandemia, c’è anche la parte burocratica che di per sé è un meccanismo farraginoso ma, nella nostra realtà, «diventa un altro problema con cui fare i conti, anche solo per aver riconosciuto un diritto come l’indennità di accompagnamento. Ovviamente, poi, quando si è pazienti oncologici anche la vita lavorativa cambia radicalmente soprattutto con una pandemia in corso. Io in qualità di lavoratore fragile continuo ad utilizzare lo smart working anche perché credo sia indispensabile continuare a lavorare se le condizioni di salute lo consentono».

Antonia continua a vivere, con mille difficoltà, e con un’immagine nuova. Lo specchio adesso riflette una donna diversa, perché la malattia l’ha cambiata: «io non mi riconosco più, soprattutto dopo la chemio che mi ha fatto perdere tra l’altro capelli, ciglia e sopracciglia. Non rimane nulla della donna che ero». Nonostante ciò Antonia riesce a trovare il lato positivo e guardandosi allo specchio vede una donna nuova, «probabilmente più fragile ma anche più consapevole di quello che sarà il proprio futuro».

C’è una cosa che ama follemente fare, oltre leggere e scrivere, ed è viaggiare: «è quello a cui non potrei rinunciare e purtroppo è anche il mio rimpianto perché credo che non avrò più molte possibilità di poterlo fare». Ma non si abbatte e se lo ripete ogni mattina quando apre gli occhi e pensa «anche oggi sono qui e spero di esserci domani e lo faccio ringraziando Dio per il dono che mi fa». E riesce a trovare la bellezza in qualsiasi situazione anche in un «orribile» sala d’attesa di un ospedale, combattendo contro il cancro: «In questo anno e mezzo della mia vita, posti tristi come ospedali, day hospital per la chemioterapia, o le lunghe ore trascorse attaccata alla pompa di infusione, le sale di attesa per tac o risonanze, mi hanno dato l’opportunità di conoscere persone belle e coraggiose, occhi sorridenti, giovani, figli e genitori, ognuno con una storia da raccontare. Alcuni di loro non ci sono più ed è questa la cosa più dolorosa ma anche questo serve per comprendere meglio che la morte fa parte di quel mistero meraviglioso che è la vita». E la vita è una e va vissuta adesso. Domani è tardi.

Natia Malaspina
Giornalista

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